È possibile essere licenziati se si va in malattia?
Il diritto della salute è garantito dall’ordinamento italiano a ogni lavoratore. Questo significa che, in linea di principio, nessun datore di lavoro può licenziare un dipendente perché si assenta in quanto malato. Tuttavia, può accadere che lo stato patologico perduri per un tempo molto lungo. In questo caso è necessario prestare molta attenzione, perché l’interesse del datore di lavoro a non lasciare scoperta una posizione può condurre, in alcuni casi, al licenziamento. Si tratta del superamento del cosiddetto “periodo di comporto”. Prima di scendere nello specifico, ripercorriamo la normativa sulla malattia professionale.
Che cos’è la malattia professionale?
Per malattia professionale si intende quello stato patologico che impedisce al lavoratore di prestare la propria opera. Secondo l’art. 38 della Costituzione, i lavoratori hanno diritto a che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Questo diritto è stato attuato con l’art. 2110 del codice civile, norma del quale è dovuta al prestatore di lavoro assente per malattia o infortunio la retribuzione o una corrispondente indennità.
Come si chiede la malattia?
Il certificato elettronico di malattia viene generato dal medico di famiglia, dal pronto soccorso o dall’ospedale in caso di ricovero e sono gli stessi sanitari a trasmetterlo all’INPS. L’INPS, a sua volta, lo trasmette al datore di lavoro, comunicando che il lavoratore è entrato in malattia e fino a quando si assenterà dal lavoro. È buona norma, tuttavia, avvisare il datore di lavoro se si pensa di non potersi presentare sul luogo di lavoro.
Cos’è il periodo di comporto e cosa succede se viene superato?
Il periodo di comporto è il periodo massimo di assenza per malattia che il lavoratore può accumulare in un dato periodo di tempo. Sono normalmente i contratti collettivi a indicare a quanto ammonta e come si calcola. Può essere indicato un comporto annuale, oppure, ad esempio, una somma di mesi all’interno di un intervallo (come ad esempio 18 mesi in un arco di 36).
Superato il periodo di comporto, il datore di lavoro può licenziare il lavoratore, senza dover fornire alcuna giustificazione. L’unico requisito per il datore è che il licenziamento sia comunicato in maniera tempestiva. Ciò non significa che la comunicazione debba essere immediata. Il datore di lavoro può attendere anche alcune settimane per valutare se reintegrare il lavoratore.
Come evitare il licenziamento?
Molti contratti collettivi permettono al lavoratore di richiedere un periodo di aspettativa, normalmente non retribuito o caratterizzato da una retribuzione molto ridotta.